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The Majorana Mystery [wy-pyt]
(Python)
 
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#8 - Una antica leggenda

Sono in viaggio ormai da giorni. La Salomé's Legacy ha attraversato la bellezza di quattro regioni galattiche in meno di ventiquattro ore: la Frontiera Formoriana, i Veli, la Volta di Newton e da pochi minuti abbiamo raggiunto la Speranza di Ryker (naturalmente questi sono i nomi nella lingua locale italiana, che io ritengo più poetici rispetto ai loro equivalenti nell'inglese standard galattico usato in tutte le mappe stellari). Un viaggiatore ignaro della rotta, trovandosi qui ora, se anche non avesse accesso alla mappa galattica della nave si renderebbe egualmente conto di trovarsi in prossimità del centro galattico: gli basterebbe buttare uno sguardo fuori dall'abitacolo e osservare la miriade di stelle qui fuori che brillano come fari nella notte in tutte le direzioni. Un panorama assai diverso e molto più rassicurante rispetto all'inquietante nero senza confini dell'Abisso. Questa regione si chiama la Speranza di Ryker, in inglese galattico Ryker's Hope, ed io non posso fare a meno di pensare che questo curioso appellativo abbia avuto origine, molti secoli fa, dalla leggenda del primo ufficiale William Riker. Quando ero ricoverato alla clinica medica di Jameson Memorial, nelle settimane immediatamente successive allo stramaledetto incidente che mi ha fatto perdere la memoria, ho passato lunghe ore a leggere pagine e pagine di codex cercando di capire almeno a grandi linee in che razza di mondo mi ero risvegliato. Fu tra i volumi dedicati alle leggende arcaiche, risalenti al vecchio millennio, che lessi un capitolo su questo famoso ufficiale della antica Flottiglia Stellare (credo si chiamasse così). A quanto pare, sembra che William Riker abbia prestato servizio per la quasi interezza della sua lunga e sfavillante carriera a bordo della celebre nave Entryprize. Sembra fosse il miglior tipo di primo ufficiale che un comandante potesse sperare di avere sotto il proprio comando: un esempio di coraggio e rettitudine per l'equipaggio, un impagabile aiuto per il capitano nel prendere le decisioni più difficili, un soldato tanto esperto nelle tattiche di combattimento navali quanto nel corpo a corpo. Il codex riportava inoltre un dettaglio curioso, che pensai dava un pizzico di carattere umano all'altrimenti perfetto uomo-leggenda. Pare infatti che William, oltre ad essere evidentemente un vero eroe, fosse anche un gran donnaiolo... (ha!) Seduto sulla comoda poltrona della plancia della Salomé, a miliardi di chilometri da qualsiasi altro essere umano, mi domando quindi se la Speranza di Ryker non vada intesa proprio in questi termini: la speranza per noi esploratori interstellari, per nostra natura lupi solitari eternamente in movimento, di incontrare un giorno quella che poeti e cantautori chiamano anima gemella; di trovare infine un luogo tanto speciale che ci faccia spegnere definitivamente i motori delle nostre navi, un luogo da chiamare finalmente casa.

#7 - La Tartarus

Sono ricco. Incredibilmente, schifosamente ricco. Oggi ho raggiunto finalmente la DSSA Tartarus, che per tutto il 3308 stazionerà nel settore Eishaw, vicina al limite sudorientale dell’Abisso. L’impiegata della Vista Genomics a bordo della carrier era visibilmente scioccata dopo che le ho passato al di là del bancone il grosso contenitore, al cui interno erano stipati in maniera ordinata le decine di campioni biologici raccolti, non senza fatica, lungo la rotta che mi ha portato da Ishum’s Reach alla Tartarus. Credo che la giovane donna non avesse mai preso in carico prima di oggi una simile mole di dati scientifici. L’agenzia interstellare per la ricerca esobiologica mi ha accreditato una somma spaventosa: la bellezza di un miliardo di crediti! Domani sarà l’inizio di un nuovo viaggio: dovrò dirigere la Salomé’s Legacy attraverso le regioni settentrionali della Galassia fino a Sagittarius A*, luogo scelto per il rendez-vous con il comandante Emma Adama. Ma per stanotte ho in progetto di restare qui sulla carrier: intendo fare una lunga doccia calda, sbronzarmi come si deve al bar della Tartarus e magari, perché no, cercare la compagnia del genere femminile… In fondo ora ho una fortuna da spendere e penso proprio che inizierò soddisfacendo i più primordiali bisogni che un uomo può avere.

#6 - Emma Adama

Sono ormai settimane che sono qui fuori nell'Abisso, solo, lontano 65.000 anni luce da casa, e inizio a sentire nostalgia. Di qualche parola scambiata con un essere vivente, non con un freddo computer di bordo. Di un caffè bevuto in compagnia di un amico. Di una stretta di mano formale, o di un abbraccio fraterno. Pensavo di farcela, di potere resistere all'isolamento forzato che l'esplorazione spaziale inevitabilmente comporta per tutti quei comandanti che, come me, preferiscono viaggiare da soli. Ma la realtà è che inizio ad avvertire i sintomi di quella che, da molti, viene chiamata follia spaziale. Capita spesso a chi come me rimane fuori troppo a lungo. Prima che sia troppo tardi e impazzisca del tutto, ho deciso di cercare la compagnia di un altro comandante... che diavolo, doveva pur esserci qualcun'altro che sta esplorando questa parte di Galassia! Così oggi mi sono imbattuto nel Comandante Emma Adama. Tramite il sistema di comunicazione in dotazione ad ogni nave stellare, che consente di inviare e ricevere messaggi istantaneamente attraverso l'iperspazio, ho capito che anche lei come me è fuggita dalla Bolla poco dopo che è scoppiata la guerra coi Thargoidi. Anche lei come me sta esplorando le stelle, nonostante abbia avuto alcuni problemi tecnici con la sua carrier, la NH Entropy. Spinto dal bisogno di un contatto umano e dalla curiosità di incontrare di persona una collega esploratrice, ho convenuto con lei di incontrarci tra qualche giorno a Sagittarius A*, proprio al centro della Galassia, circa a metà strada fra le nostre attuali posizioni. Prima però devo assolutamente fare rotta verso la DSSA Tantarus: ho raccolto troppi campioni biologici e dati di navigazione per rischiare ora un lungo viaggio.

#5 - Nuove forme di vita

Sono nella regione dell'Abisso da oltre una settimana. Ho deciso di impiegare il mio tempo dedicandomi a una disciplina per me nuova, la esobiologia, ovvero lo studio della vita al di fuori del sistema solare. E quale posto migliore di questo, lontano 65.000 anni luce da Sol, per cercare vita aliena? Nei giorni trascorsi a saltare un po' a casaccio da una stella a un'altra, ho imparato molto. Ho capito che la vita nello spazio è cosa assai rara, e che spesso assume forme inaspettate. Ho raccolto campioni di quelle che sembrano piante a lungo fusto, di un colore fucsia brillante. Altre invece somigliano più a grosse uova biancastre, di circa un metro di diametro, che alla sommità si schiudono lasciando fuoriuscire lunghi steli dotati di foglie rosse cremisi. Una cosa è certa: tutte queste importanti scoperte mi garantiranno una considerevole fama tra i circoli scientifici della Bolla e tanta, tanta grana... a patto di restare vivo ancora abbastanza a lungo per raggiungere una stazione spaziale! Per questo ho deciso di fare rotta verso un'altra carrier della rete DSSA, la Tantarus, situata vicino al margine sudorientale dell'Abisso. Lì potrò scambiare i miei preziosi campioni biologici con, spero, una montagna di crediti interstellari.

#4 - Salomé's Legacy

E' fatta. Mentre scrivo questo diario, la Voyager è saldamente ancorata al terreno grigio e gelido di Salomé's Reach, il corpo celeste più distante da Sol, la culla dell'umanità. Raggiungere questo luogo così isolato significa per ogni esploratore il traguardo di una carriera, l'orgoglio di una vita spesa ad esplorare il cosmo, viaggiando attraverso l'ignoto a miliardi di km di distanza da ogni altro essere umano. Mi sento bene. Il senso di isolamento che mi aveva attanagliato a Ishum's Reach è ormai sparito, ha lasciato spazio a una nuova consapevolezza, il sapere che sia io che la mia nave siamo giunti tutti interi a destinazione. Poco fa ho stappato una bottiglia di Centauri Mega Gin per celebrare la mia impresa. Ho riempito due bicchieri del raro liquore spaccabudella, uno dei due l'ho versato sul suolo lunare in eterna memoria del Comandante Salomé che per prima posò la sua impronta su questo remoto satellite. In suo onore ho deciso di ribattezzare la mia nave da esplorazione, la Voyager: d'ora in avanti il suo nome sarà Salomé's Legacy, l'eredità di Salomé. Non mi resta che fare ritorno verso casa, credo... forse. A dire il vero, in cuor mio, so che il mio posto non è nella Bolla. Sono giunto dall'altra parte della Galassia non solo per sfuggire a una guerra inutile e insensata, contro un nemico chiaramente superiore all'Uomo. No, se mi trovo qui a 65.000 anni luce dalla cosiddetta civiltà è perché il mio posto, in fondo, è qui. Fra le stelle e nel nero abisso che le separa.

#3 - L'abisso oltre l'Abisso

Nulla poteva prepararmi a questo. Saltare a Ishum's Reach significa tuffarsi in un terrificante mare completamente nero. Spingo i comandi della Voyager e ruoto la nave in ogni direzione, ma tutto ciò che vedo è un profondo nero abisso fatto letteralmente di nulla. Di vuoto. Di assenza di stelle, pianeti, corpi celesti, materia. La sensazione di isolamento qui è totale. Penso a cosa deve avere provato l'eroico Comandante Sam Ishum quando per primo ha raggiunto questo luogo sperduto. Avrà avvertito la stessa gelida morsa che stringe la mia mente ora? Anche lui si sarà chiesto cosa c'è oltre? Ebbene io so cosa c'è più avanti, appena più in là di questa stella. A 135.540 secondi-luce da Ishum's Reach si trova il corpo celeste più distante da Sol, la gelida luna B 9 f, rinominata in Salomé's Reach dopo che il Comandante Salomé per primo la raggiunse nel giugno del 3302, ed è lì che sono diretto ora. Lì finalmente il mio viaggio avrà fine.

#2 - Beagle Point

Sono esausto. Ho percorso 65.279 anni luce in meno di un giorno. Per la mia mente è quasi inconcepibile che questa mattina mi trovavo nella calda sicurezza del mio modulo abitativo a Jameson Memorial, quando solo sette ore più tardi sto per raggiungere il sistema di Beagle Point, situato letteralmente dall'altra parte della nostra galassia. Il viaggio è andato meglio di quanto speravo. Ho seguito la cosiddetta "autostrada dei neutroni", lanciando la nave nelle code delle stelle di neutroni per sovraccaricare ogni volta il FSD; così facendo sono riuscito a percorrere 280 anni luce con ogni salto. Non male, per la mia vecchia cara Voyager. Naturalmente sono stato costretto a fare alcune soste presso stelle KGBFOAM, per rifornire i serbatoi di idrogeno e riparare il FSD, che ad ogni tuffo nella coda di una stella di neutroni subiva un piccolo danneggiamento. Ma ora sono qui, a Beagle Point, celebre in quanto sistema stellare più lontano raggiungibile prima dell'avvento dell'ingegneria del FSD e delle iniezioni di jumponium. Con mia grande sorpresa e sollievo, ho scoperto che in questo angolo remoto di universo è stazionata una carrier della rete DSSA, la Distant Worlds. Ho attraccato per fare alcune piccole riparazioni alla Voyager e rifornirmi per l'ultima parte del mio viaggio, la più difficile e pericolosa, la traversata da Beagle Point a Ishum's Reach. Le stelle qui nell'Abisso sono così rare e lontane tra loro che se sbagliassi rotta potrei trovarmi a saltare verso un sistema dal quale non potrei più fare ritorno. Per questo stanotte mi fermerò qui, sulla Distant Worlds, per riposare a dovere. Ripartirò domani mattina.

#1 - Destinazione: Ishum's Reach

Oggi è un giorno speciale perché ho preso una decisione che rimandavo da tempo. Questa inutile guerra con i Thargoidi non sembra finirà presto, anzi l'escalation delle ultime settimane fa presagire un conflitto che durerà anni e causerà molte altre migliaia di vittime innocenti. La pazzia degli uomini, questa cieca sete di sangue e di vendetta, mi ha spinto verso la decisione di partire, lasciandomi alle spalle la guerra. Da molto tempo non mi imbarco per un lungo viaggio esplorativo, da quando con la Voyager percorsi in lungo e in largo il Formidine Rift. E' tempo di mettersi di nuovo in viaggio, dirigersi verso l'ignoto, sentire ancora quel brivido lungo la schiena quando salti verso una stella mai raggiunta da nessuno. La mia destinazione? L'ultimo sistema prima del nulla, la stella più lontana mai raggiunta dall'essere umano, la fine di quello splendido vasto gruppo di corpi celesti che chiamiamo Via Lattea: Oevasy SG-Y d0, conosciuta anche come Ishum's Reach. Ho già ultimato i preparativi. La Voyager è equipaggiata col nuovo FSD a doppia ingegnerizzazione che mi consentirà salti di oltre 70 anni luce, due moduli AFMU, un limpet controller per eventuali riparazioni nello spazio e l'immancabile SRV per l'esplorazione planetaria. Farò rotta direttamente attraverso il centro della galassia, senza passare da Colonia. Sfruttando le numerose stelle di neutroni presenti nelle regioni centrali, ho calcolato che dovrei impiegare meno di otto ore per coprire gli oltre 65.000 anni luce che separano Sol da Ishum's Reach, un tempo tutto sommato breve se penso ai primi eroici esploratori come il comandante Salomé che raggiunsero quel remoto angolo di universo a bordo di navi primitive. Ma ora basta parole, chiudo questo diario e imposto nel FSD le coordinate del primo salto... perché si sa che ogni grande viaggio inizia sempre con un primo, piccolo passo.